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TUTTO SCORRE

 

Campodolcino, comune di confine al centro delle Alpi, per me non è semplice luogo della memoria, è anche luogo d’origine. Qui c'è la casa di famiglia che i miei avi hanno costruito alla fine dell’ottocento. Qui ho passato tante estati felici della mia infanzia e, da adolescente, ho imparato ad amare la bellezza severa della montagna. 

Ancora oggi, appena posso, ci faccio ritorno e, ormai, dall'altezza dei miei cinquant'anni, mi sento un po' memoria storica che osserva i mutamenti della natura e del paesaggio. In pieno Antropocene questi mutamenti procedono spediti e sono ampiamente rilevabili nel corso anche di un solo decennio, come l'impressionante accelerazione del ritiro glaciale dalle cime. 

Uno dei ricordi più nitidi è un ricordo di mia madre bambina che ha colpito il mio io bambino: verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, i tedeschi in ritirata dall'Italia avevano minacciato di bombardare per ritorsione le dighe della valle; l'enorme massa d'acqua liberata, scorrendo impetuosa, avrebbe travolto e distrutto ogni cosa. Gli abitanti di Campodolcino andavano a dormire vestiti, pronti – al suono di sirena – a risalire il versante della montagna in cerca di salvezza. Fortunatamente non fu dato seguito al crudele proposito e le dighe sono ancora al loro posto, archeologia industriale perfettamente funzionante. 

A giugno sono tornato sul ponte sopra la diga e ho cercato di considerarla non solo come manufatto progettato, ma anche come macchina attraverso cui guardare il fluire del tempo. Ho scattato in sequenza per alcuni minuti; un breve viaggio anche, e soprattutto, tra diverse concezioni del tempo: statico, ritmico, mutevole e ingannevole. 

Il progetto si articola in nove immagini composte da una serie di fotogrammi che colgono lo scorrere dell'acqua e, insieme, lo scorrere del tempo. La successione è cronologica e fissa, nella transitorietà del singolo istante, lo spumeggiare e il vorticare. I vortici formati dalla corrente mi hanno richiamato l'avvitamento della spirale aurea, che tante volte ricorre in natura. Da qui la decisione di comporre immagini seriali, ordinate secondo il numero progressivamente crescente di frame in accordo con la sequenza aurea di Fibonacci, che apre la serie. Il finale "sospeso" rimanda al titolo del progetto, sottolineando l'impermanenza e la progressione impalpabile e inarrestabile del tempo. 

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